Monument Valley – uno spettacolo tra Utah e Arizona
Indice
- Il popolo ancestrale incontra Hollywood
- Entriamo nella Monument Valley
- In Tour con i Navajo
- Il grande West di John Wayne
- La magia di un canto Navajo
- La merendina del tardo pomeriggio
- Simbolo di libertà al Forrest Gump Point
Siamo in Arizona, lunga è la strada che porta alla Monument Valley ai confini con lo Utah. Non ti puoi sbagliare, da Antelope Canyon c’è solo la inter-statale US 160. Ogni tanto, in mezzo al nulla, appare una cittadina, poche case, qualche store e fast food sulla strada. Si passa per Kayenta il centro abitato più vicino, dove si trovano qualche motel e diverse stazioni di servizio. Non pensate sia un grande insediamento, al contrario, è formato da pochi edifici a ridosso della via maestra. Il paesaggio incredibilmente vasto e dai colori netti, è difficile da descrivere. Per tutto il tragitto non ho mai staccato gli occhi dalla strada, come ipnotizzata da cieli sconfinati e da paesaggi di cui non riesco a vedere la fine.
E dire che sono solo rocce e cielo, ma in tutto questo c’è un universo e la sua bellezza mi fa trattenere il fiato. Si vede che siamo in territorio Navajo, nella loro riserva; qui c’è una natura primitiva, una storia plasmata in milioni di anni e questi macigni sembra che ne parlino. Quando mi sento dire: “L’America non ha una storia“, bè venite qui, la sentirete anche voi, tanta e pesante proprio come queste maestose rocce rosse. Una terra ancestrale, magica, originaria, arcaica tanto quanto l’età della Terra stessa.
Il popolo ancestrale incontra Hollywood
Il parco della Monument Valley si trova al confine tra Arizona e Utah, fa parte della Navajo Nation Reservation ed è gestito direttamente dal popolo Navajo, ma la prima popolazione insediata, in queste zone, fu quella degli Anasazi intorno al 1200 a.c. Questi vengono chiamati il Popolo Ancestrale, un’espressione poetica che significa popolo primordiale: sono gli antenati dei nativi in questa parte degli Stati Uniti d’America. I Navajo di oggi li chiamano gli Antichi e i loro resti sono ovunque, conservati nel tempo tra queste terre preistoriche. Si trovano addirittura dei loro disegni in alcune caverne della Mesa Verde che raffigurano fenomeni celesti, eventi terrestri ed esseri fisici e spirituali, così come i famosi petroglifi incisi sulle rocce dei canyon e sulle mura degli edifici.
Scomparsi circa 800 anni fa gli Anasazi sono un popolo misterioso, che ha lasciato parecchio di se, tra storie e leggende tramandate nei secoli. Ora questa terra è abitata dai Navajo, loro discendenti. Quando si parla di “riserva” si indica una porzione di terra gestita da una tribù nativa e riconosciuta dal Governo Federale. Gli USA contano 326 riserve, e non tutte le 567 tribù ne hanno una; alcune comunità hanno più di una riserva, altre condividono le riserve, mentre alcune non ne hanno affatto. Queste restrizioni territoriali sono solitamente di piccole dimensione, ma 3 sono addirittura più estese dello Stato del Rhode Island. La più grande è proprio questa, la Navajo Nation o Riserva Navajo che si trova a cavallo di 3 stati: Arizona, Utah e New Mexico. Nel tempo è cresciuta, infatti quando è stata istituita nel 1868 era tre volte più piccola di adesso.
Monument Valley
Sicuramente la Navajo Nation è la riserva più visitata al mondo e rappresenta l’immaginario western americano per eccellenza. 250 mila discendenti degli Anasazi continuano ad abitare queste terre brulle e desertiche, ma dall’incredibile fascino. Erano gli anni ’20 del ventesimi secolo quando un certo Harry Goulding commerciante di pecore alla ricerca di una nuova opportunità di lavoro e di un posto da chiamare casa, si innamorarono della zona. Harry e sua moglie Leone, il cui soprannome era “Mike”, visitarono la Monument Valley e sebbene un tempo facesse parte della riserva indiana di Paiute, le terre erano aperte alla vendita. I Goulding colsero al volo l’opportunità di acquistare un consistente appezzamento di terreno nella Monument Valley e rapidamente crearono una stazione commerciale.
Venne costruito così un Trading Post per il commercio dei beni con i nativi. Questi luoghi di passaggio erano molto comuni sulle strade di percorrenza dell’intera America, nati con finalità puramente commerciali, finirono per svolgere nel tempo anche un ruolo sociale, sia ai fini dell’integrazione fra colonizzatori e popolazioni native e come punti di aggregazione per lo scambio di notizie sulle evoluzioni politiche ed anche militari. Arrivò però la grande depressione degli anni ’30, così che Goulding dovette affinare il suo fiuto imprenditoriale per sostentare la sua famiglia e le comunità indigene. Fu così che decise di sfruttare la bellezza naturalistica della zona, promuovendo il turismo con l’aiuto di Hollywood.
Monument Valley
Credeva che portare la produzione cinematografica nella Monument Valley avrebbe aiutato i Navajo locali con le entrate tanto necessarie. Così Harry e Mike partirono per un viaggio a Hollywood, in California, con i loro ultimi 60 dollari. Con fortuna e tanta perseveranza, Harry riuscì ad incontrare il famoso regista John Ford che, quando vide le foto della Monument, capì che era la location perfetta per il suo prossimo film. I Goulding ricevettero un pagamento anticipato e in pochi giorni John Ford e la sua troupe iniziarono le riprese di Stagecoach con John Wayne. Nel corso degli anni, i Goulding hanno continuato a ospitare troupe cinematografiche, fotografi, artisti e turisti.
Costruirono un lodge con diverse camere e una sala da pranzo per accogliere tutti i loro ospiti. Da allora, il Goulding’s Resort si è espanso per ospitare migliaia di visitatori provenienti da tutto il mondo che vengono a vedere la Monument Valley ogni giorno. Grazie allo spirito pionieristico dei Goulding, la Monument Valley è diventata un’icona del West americano e oggi, persone provenienti da tutto il mondo, camminano sugl9i gli stessi percorsi di Mike e Harry per apprezzarne la straordinaria bellezza.
Entriamo nella Monument Valley
Paolo ed io scendiamo sulla grande radura davanti al Visitor Center dove ci colpisce una luce rossa e intensa, come se fossimo al termine di una giornata. Il sole è basso quasi all’orizzonte, ma mi accorgo che al tramonto mancano almeno 5 ore. Non riesco a tenere gli occhi aperti, lo sfolgorio mi acceca e nonostante le tante persone, le voci, mi estraneo completamente per pochi attimi con la sensazione di essere arrivata in un luogo fuori dal tempo. L’impressione di smarrimento dura poco, torno di nuovo sulla terra. Davanti a me, su una bassa collina c’è il centro di ristoro, pienissimo di gente con il solito negozio di souvenir e il bar che subito mi riporta alla vita terrena e capisco che non sono arrivata su Marte.
Come svegliata da un lungo sonno, riprendo coscienza, per fortuna la luce rossa c’è ancora e mi basta girare la testa per capire da dove proviene. Davanti a noi una distesa che pare di fuoco, infinita, sterminata mi lascia senza fiato e spero che le mie fotografie vi facciano percepire l’enormità del panorama. Sono su un’altura piuttosto elevata, mi hanno detto che da quassù è possibile vedere fino a 200 km di distanza. Siamo in alto, molto in alto e sotto c’è la valle, la vista dal Visitor Center è veramente qualcosa di unico e stupefacente.
Monument Valley
Incredibile, la prima cosa che incontriamo, sono i mitici 3 grandi e famosi monoliti chiamati the East & West Mitten Buttes e il Merrick Butte. Ogni monolite, o quasi, in questo parco ha un nome. Se le guardate bene le Mitten Buttes assomigliano a mani rivolte al cielo, per i nativi (e io ci credo) simboleggiano LO SPIRITO CHE VEGLIA SULLA VALLE. Ma quanta poesia e spiritualità c’è in questi uomini, come non si può amare questo popolo?! La Marrick Butte invece prende il nome di un soldato di cavalleria, che venne in queste terre a cercare l’argento. Alcuni di questi giganti raggiungono l’altezza di 300 metri. Siamo finalmente alla Monument Valley, simbolo del West America.
Questa distesa infinita si chiama Colorado Plateau e anche se ora ha un aspetto desertico, è di origine fluviale. Ci troviamo ai confini tra Utah e Arizona, in un’area isolata ed estesa, la città più vicina infatti è a 70 km da qui. La strada che ci ha portato nella valle è famosa quanto bellissima, infatti essendo in discesa, da la sensazione ai viaggiatori di immergersi poco a poco in questo panorama mozzafiato. La strada che conduce qui è la US 163 ed è una delle più suggestive che io abbia mai percorso. Indimenticabile!
In Tour con i Navajo
Ci sono diversi modi per visitare la Monument Valley, io penso di aver fatto la scelta migliore per noi. Abbiamo percorso i 26 km della Scenic Drive a bordo di una jeep aperta a più posti, accompagnati da guide locali. I Navajo guidano su queste strade sterrate come matti e sicuramente sono gli unici a conoscere realmente la valle. Avendo a che fare ogni giorno con i turisti sono estremamente simpatici e hanno voglia di parlare e scherzare, la nostra guida cantava “O sole mio”! Se parli un pò di inglese mettiti a sedere subito dietro l’autista. Sono sempre in due e durante il tragitto puoi fare loro tante domande, ti sapranno stupire con i racconti del popolo Navajo ed è bellissimo vedere come conoscono ogni singola roccia e la loro storia.
Abbiamo fatto diversi pit stop, cantato, ballato, assaggiato il frybread cibo tipico nativo, e vi assicuro che le ore passate con questi signori ne sono valse ogni dollaro pagato. Facendo questo tipo di tour nella Monument Valley è possibile scattare tantissime fotografie, vedere la maggior parte delle rocce o almeno quelle più conosciute, evitando di guidare su questa strada sterrata, faticosa senza la trazione anteriore o le ruote da 4×4. Se si ha solo una giornata da dedicare al parco, questa escursione è uno dei modi migliori per visitarlo, anche se mi sarebbe molto piaciuto fare anche un’escursione a cavallo, ma sarà sicuramente per la prossima volta.
UN CONSIGLIO FOTOGRAFICO:
per fotografare al meglio questi panorami immensi, non tenete la linea dell’orizzonte al centro dell’inquadratura. E’ bene dare risalto alla terra che con le sue rocce è meravigliosa, oppure al cielo se c’è qualche bella nuvola da enfatizzare, così la foto non risulterà ne scontata ne piatta.
Il grande West di John Wayne
Panorama evocativo per eccellenza, una delle tappe più significative all’interno del parco è il John Ford’s Point. A questo punto di osservazione hanno dato il nome del regista John Ford che, più di ogni altro, ha permesso di far diventare famosa la Monument Valley. Nella sua carriera ha vinto addirittura 4 Oscar influenzando i migliori registi del cinema contemporaneo. La sua fama e il suo successo derivano dal genere western, solo con il mitico John Wayne ha girato ben 21 film! Questo punto panoramico è un tributo a uno dei più grandi personaggi del cinema hollywoodiano. Per chi ama i film western è una tentazione farsi la foto a cavallo sullo sperone più famoso del mondo e sentirsi John Wayne per qualche minuto. Paolo ancora mi rinfaccia il fatto di averlo dissuaso dal farlo, credo che dovremmo tornare lì così da rimettere a posto le cose.
Questo è un point of view immancabile in cui fermarsi, davanti a noi si para un panorama tanto magnifico quanto familiare. L’abbiamo visto tutti nelle centinaia di film western e accorgersi che non è frutto della fantasia o degli effetti speciali, è la cosa più sorprendente che possa capitare a chiunque. Io sbirciavo i film alla tv quando li guardava mio babbo, mentre giocavo con le bambole vicino a lui davanti al fuoco. E’ stato per me come tornare bambina, per un attimo ero ancora lì, davanti a quel camino, sicura e felice cullata da una sensazione di calore e appartenenza. Il John Ford’s Point non è solo un luogo per turisti, è evocativo, è magico e parla di una vita. Anzi, di tutte le nostre vite.
Monument Valley
Il questo punto è bene scendere dall’auto e godersi il panorama, oppure fare alcune cose carine come mangiare una focaccia Navajo da Linda’s Fry Bread Stand. Ci sono alcune bancarelle dove poter comprare monili e collane, oggetti di ceramica, collane e artigianato nativo con tanto di certificato di autenticità. La passeggiata a piedi verso il punto dove ci si può fare una foto a cavallo è stupenda, camminare tra questi massi è una sensazione unica anche solo per la tranquillità che si prova. Di lato c’è un memoriale dedicato a Ericson Cly, un mormone ucciso da un fulmine nel parco.
La magia di un canto Navajo
Sono ormai le cinque del pomeriggio e ci fermiamo in uno dei tanti punti di osservazione all’ombra di un immenso monolite. Davanti a noi una radura dorata, abbagliata da un sole potente con le sue lunghe ombre, nette a delimitare questi preistorici giganti immobili. Le guide ci spiegano che è arrivato il momento di ringraziare la Grande Madre con canti e cibo quindi intonano per noi una litania da brividi, molto emozionante. Anche se lo fanno probabilmente ogni giorno per i turisti, mentre cantano, gli sguardi di questi uomini rimangono assenti, come se una musica antica li portasse lontano con la mente, ma sempre ben radicati alla loro terra madre.
E’ sicuramente un canto sacro, un ringraziamento, una preghiera. E’ proprio questo che mi affascina dei nativi: non hanno mai avuto bisogno di costruire grandi opere come piramidi, chiese o moschee, perchè ciò che venerano è già lì, da milioni di anni. Sono queste rocce, questo cielo e la terra che calpestano ogni giorno. Ciò che pregano sono questi monumenti nella valle e la natura che gli si staglia intorno.
La merendina del tardo pomeriggio
Riprendiamo la strada di terra rossa, ormai siamo a metà pomeriggio, le ombre si allungano sul selciato. Le guide ci portano a fare un altro pit stop, l’ultimo, questa volta per mangiare. La merendina del pomeriggio si fa in un posto magnifico, sperduto, lontano da tutto il resto del mondo. Il mio stomaco dice: finalmente si mangia!
Un Tacos indiano composto da un frybread ripieno di fagioli rossi alla maniera western. Nel mio non ci ho fatto mettere il formaggio, mi pareva troppo. E per finire insalata e pomodori per sgrassare il tutto. Bbono bbono BBONO! Certo che gustare un piatto tradizionale navajo su un piatto di latta, cucinato da locali, a tavola con loro sotto un tendone nella Monument Valley… è sicuramente il posto più bello dove ho cenato!
Se vuoi sapere di più su questo piatto tipico,
qui trovi il mio articolo
Simbolo di libertà al Forrest Gump Point
Ci allontaniamo al tramonto dalla Monument Valley sulla US 163 Scenic Drive, siamo nell Utah e ad un certo punto è d’obbligo fermarsi. La strada è dietro di noi, all’orizzonte i giganteschi monoliti e i pinnacoli svettano alti all’orizzonte. Ci troviamo al Forrest Gump Point. Riconosco subito una famosa inquadratura, quella dove Forrest si ferma e decide di terminare la sua corsa durata 3 anni, 2 mesi, 14 giorni e 16 ore e dove pronuncia la celeberrima frase “Sono un po’ stanchino. Credo che tornerò a casa ora.”
Nonostante la popolarità di questo spot fotografico, ci sono molti road tripers che se lo perdono, questo è dovuto principalmente al fatto che la maggior parte dei percorsi standard per raggiungere la Monument Valley non passano da questa magnifica location. In ricordo della famosa scena della corsa di Forrest Gump, c’è un cartello con la scritta “Forrest Gump ha finito la sua corsa in questo punto, 1980 ”. Ho letto che alcuni hanno trovato accanto alla scritta un paio di scarpe. Per me, e credo di non essere l’unica a pensarlo, questa fermata è un vero simbolo di libertà.
Articolo di Lara Uguccioni
Scrivendo questo articolo mi sono commossa ricordando questa giornata, la gente del west, una terra in cui non sono nata, ma a cui sento di appartenere solo per il fatto di aver messo piede su di essa. Tutto questo mi emoziona e mi rammenta l’importanza del viaggio. Voglio dire a tutti di non smettete mai di essere curiosi, di voler esserci in ogni luogo, in ogni tempo e come dice Bob Dylan: “Bussa, bussa, bussa alla porta del paradiso”, perchè questo e’ il paradiso.
Un sogno, guidare lungo quella magica strada nella Monument Valley. Pur non avendola mai visitata, mi sembra quasi di conoscerla, da film, racconti, fotografie bellissime come le tue. Ma immagino la grande emozione di esserci, in uno spazio talmente immenso da farci sentire ancora più piccoli.
E’ stato così Teresa, un sogno ad occhi aperti.
Uno dei luoghi più iconici della West Coast, non ho potuto non fare il tragitto con la mia moto, 4 amici e i nostri pensieri. Un film nel film, uno dei viaggi più belli di sempre. Belle le foto Lara, grazie del ricordo.
Ivano
Grazie a te Ivano di essere passato, mi ha fatto piacere averti fatto rivivere un bel momento, iconico senza dubbio.
In questo articolo le fotografie parlano da sole, lo spettacolo della Monument è incredibile, anch’io l’ho vista dal vivo è stato speciale. Lara con le tue parole fai rivivere le emozioni, in un momento come questo non sai quanto è importante ciò che fai.
Grazie da un viaggiatore seriale.
A.
Grazie a te Andrea, non sai quanto le tue di parole facciano bene a me! …e poi cosa c’è di più bello che sognare parlando di viaggi?