Castello di Santarcangelo di Romagna, sulle tracce dei Malatesta
Non pensavo che una giornata di maggio potesse essere così calda e afosa. Spinta dalla mia solita determinata curiosità, borraccia e zaino alla mano, mi sono avventurata sulla piccola altura tufacea che porta un antico nome latino: Mons Iovis. Sul Monte Giove infatti, è costruito il borgo storico di Santarcangelo, una delle cittadine più sorprendenti della nostra bassa Romagna. Santarcangelo dei Teatri organizza il più antico festival italiano dedicato alle arti della scena contemporanea, uno dei più significativi appuntamenti europei nell’ambito del teatro e della danza. La città è gravida di arte e cultura, è infatti qui che nasce e vive fino alla sua morte avvenuta nel 2012, il poeta, scrittore e sceneggiatore Tonino Guerra.
Ma noi oggi siamo qui per visitare una delle dimore storiche di una famiglia ambiziosa e influente, tra le più importanti del Medioevo: i Malatesta. Originaria del Montefeltro, dominò sulla Signoria di Rimini e sulle terre circostanti della Romagna dal 1295 al 1500. Questa dinastia coltivava la pretesa di far risalire le proprie origine a Scipione l’africano, a tal punto da inserire l’elefante nei propri stemmi araldici.
– La visita guidata è stata a cura della Pro Loco, gestita dalla dottoressa Valeria Boschetti. –
Il vecchio maniero e la sua storia originaria
La bellissima rocca, così come la vediamo ora, è a guardia della valle sottostante, segnata dai fiumi che scorrono verso il mare, dal 1447, mentre il maniero centrale è più antico. La nostra visita inizia nel cortile del castello, suggestivo e ben tenuto, con tante piante e fiori colorati ad ornamento. L’afa lascia il passo ad una fresca aria di mare che arriva dalle finestre aperte del salone ad uso privato della proprietaria, la principessa Colonna che ci accoglie e si presenta agli ospiti. Conoscendola è stato possibile dare un volto ai proprietari di una tenuta di così inestimabile valore, rendendola terrena e se è possibile, ancor più reale.
Il primo insediamento di cui si ha notizia è di origini romane, sviluppatosi a circa un km dal castello, nella pianura sottostante dove tutt’ora si trova la Pieve Bizantina. Al tempo il commercio era piuttosto redditizio, nell’agglomerato rurale vi erano diverse fornaci dove si producevano anfore per il trasporto del vino. Il porto di Ariminum era infatti famoso per il traffico mercantile, le navi trasportavano il vino di Romagna in terre lontane, così come i carri lo facevano percorrendo la famosa via Flaminia. Era proprio attraverso le vie consolari, che le merci arrivavano velocemente in tutta Italia così da favorire la già intensa attività vinicola. Per centinaia di anni queste terre furono ricche e prospere, fino a quando la situazione purtroppo cambiò.
Castello di Santarcangelo Malatesta
A causa di forti alluvioni e delle famigerate Invasioni Barbariche, tutta la zona pianeggiante ove vi era il villaggio, diventò pericolosa. Nel corso del VI secolo infatti, l’unità politica della nostra regione venne interrotta dall’invasione dei Longobardi, che occuparono vari territori arrivando fino a Imola. Ai Bizantini restò la zona adriatica, che prese il nome di Romagna perché apparteneva ai Romani di Bisanzio. Fu così che la popolazione decise di lasciare le proprie case per trasferirsi sulla collina, quindi sul monte Giove. Sul punto più alto del colle, tra il 1000 e il 1100 prese vita il borgo di Santarcangelo, protetto da una cinta muraria e da una solida fortezza. Al suo interno vi erano le abitazioni, si svolgevano i mercati e con il tempo la comunità si espanse tanto da occupare anche le zone al di fuori delle solide mura.
La fortezza a dominio dei Malatesta
La famiglia Malatesta ottenne il vicariato della città tra la fine del 1200 e l’inizio del 1300, procurandosi il dominio incontrastato su tutta la vasta area circostante del riminese. Questa fortificazione fece da sfondo a sanguinarie e tormentate lotte, come quella tra i Guelfi e i Ghibellini. E’ tra queste mura infatti, che si rifugiò il famoso Mastin Vecchio, che altro non era che il Signore di Rimini: Malatesta da Verucchio. Questa figura di crudele condottiero è molto familiare a noi romagnoli, perchè costui era il padre del più famoso Giangiotto, uccisore degli amanti Paolo e Francesca.
Si racconta infatti che proprio tra queste mura sia avvenuto il misfatto, ma d’altronde sono diversi i castelli della zona che si contendono la disavventura. Dante Alighieri, il sommo poeta, ha però sempre ritenuto responsabile dell’omicidio un altro figlio di Mastin Vecchio, Malatestino I detto dell’Occhio, tanto da ritenere importante citarli entrambi nella Divina Commedia. I due “mastini” da Verucchio furono nominati nel Canto XXVII dell’Inferno, perchè si distinsero per la crudeltà con cui aggredivano ed uccidevano gli avversari politici. “E il Mastin Vecchio e il Nuovo, che fecer di Montagna il mal governo, là dove soglion fan d’i denti succhio.”
Castello di Santarcangelo Malatesta
Carlo Malatesta alla fine del 1300 ottiene dal Papa il vicariato di Santarcangelo. Avere il vicariato significava usufruire del reddito del territorio, pagando in cambio, un affitto annuale di svariati fiorini d’oro alla Chiesa. Così come avvenne anche a Mondaino, Carlo eliminò ogni traccia della prima rocca, decisamente meno stabile e solida, creando una torre a base quadrata, grande il doppio di quella attuale. Con i mattoni in esubero, Carlo costruì la seconda cinta muraria ad ulteriore difesa della città, ma nel 1429 morì lasciando ai nipoti l’eredità del vicariato. A Novello andò tutto il cesenate, mentre Sigismondo ottenne il riminese, tra cui le terre di Santarcangelo.
Arriviamo così al 1447 quando, per far fronte ai nuovi sistemi di attacco militare, Sigismondo Pandolfo Malatesta fortificò la cinta muraria per renderla ancor più imponente della precedente. Questa aveva quattro porte di accesso, una sola ancora intatta, Porta Cervese che si può scorgere alla fine della collina. Abilissimo condottiero, Sigismondo capì subito che la torre, così alta ed isolata, poteva essere facilmente abbattuta dai nemici. Abbassò così la sommità e con i mattoni recuperati, costruì i tre bastioni ancora presenti all’esterno della rocca.
Castello di Santarcangelo Malatesta
In questo modo, Malatesta rese il forte molto più basso e massiccio, difficilmente espugnabile dalle bombarde nemiche. La struttura che possiamo visitare oggi è esattamente quella costruita da Sigismondo che consigliato dal Brunelleschi, ideò la famosa scarpa malatestiana. Questo tipo di costruzione difensiva la si trova in svariati castelli della Romagna, realizzata per rendere la base della struttura molto più imponente e solida. La sua conformazione era ideale per impedire alle torri di attacco di appoggiarsi alla parete del castello per far salire i nemici. E’ in questo modo che il forte assunse la sua conformazione definitiva e che ancora oggi vediamo in tutta la sua solennità e splendore medioevale.
Il camminamento delle guardie
Saliti sul camminamento delle guardie la vista è spettacolare. Quello che si vede da quassù è l’intero borgo medioevale, le campagne circostanti, la cittadina di Santarcangelo nella vallata incorniciata da un nastro azzurro di mare Adriatico. La nostra guida, dottoressa Valeria Boschetti, ci ha svelato una curiosità sulle tre strade del borgo che si vedono da qui e che hanno nomi decisamente particolari. Una è via della Cella, che prende il nome da una piccola cappella che si incrocia lungo la strada: Celletta Zampeschi. Nel 1530 infatti, il controllo del borgo venne affidato dal Papa, per poco tempo, ad Antonello Zampeschi. E’ a lui che si deve la realizzazione della celletta che purtroppo la guerra distrusse, lasciando solo la facciata originale.
La via centrale e che porta al campanone, si chiama via Bellaere, così chiamata perché è la via più bella del borgo e nelle sere d’estate, c’è sempre un’aria fresca che la attraversa. La terza stradina, un po’ defilata e poco frequentata, è via della Zuppa dove, in anni piuttosto recenti, venivano serviti i pasti a chi non poteva permetterseli. Sulla sinistra è impossibile non notare una costruzione che pare antica, si tratta dell’acquedotto della città, creato nel 1800 appositamente per amalgamarsi alla perfezione con la storicità del borgo. Assomiglia infatti al battistero di un tempio e riprende la struttura della Chiesa delle Suore da qui poco lontana. La torre civica con il suo campanone è la struttura architettonica che più si nota. Alta 25 metri in stile neo gotico, sulla sommità regge un San Michele Arcangelo in ferro battuto, patrono di Santarcangelo.
Nelle stanze del castello tra storia e leggenda
Adiacente al cortile principale, dove i carri un tempo arrivavano trainati dai cavalli, c’è un ambiente arioso e luminoso. In un epoca antica era adibito a stalla, mentre ora è la sala da pranzo della principessa Colonna e di suo marito, con mobili del 1600 bolognese e ceramiche del 1700. Un bell’arazzo birmano da un gusto orientaleggiante alla camera, posto vicino alla scaletta ripida di ferro, tipica delle stalle. Questa scala porta ad una stanza soprastante dove veniva custodito il fieno per gli animali. Appeso al muro c’è uno degli stemmi più antichi dei Malatesta, che rappresenta una scacchiera, sinonimo del gioco della guerra.
Alcuni studiosi descrivono lo stemma non solo come una scacchiera, ma come delle torri posizionate in obliquo; è infatti la torre uno dei simboli della famiglia Malatesta. Di stemmi malatestiani c’è ne sono diversi, uno dei più curiosi raffigura tre teste tagliate di mori: da qui il nome Mala-testa. Inizialmente questo nominativo era un soprannome dato per l’assenza di morale e la crudeltà degli appartenenti alla famiglia. Diventò poi un nome proprio, usato ufficialmente e lo si ritrova ancora oggi, nelle due accezioni: Malatesta o Malatesti.
Castello di Santarcangelo Malatesta
Altro stemma raffigura le iniziali dei nomi: K come Carlo, Ro di Roberto, P di Pandolfo, mentre uno dei più usati, ha raffigurate due lettere: SI. Queste sono le iniziali di Sigismondo e Isotta, la donna da lui amata. Si pensa che il Signore del castello adorasse a tal punto la donna, che fece uccidere la seconda moglie, per fare in modo che Isotta divenisse sua terza sposa. La dottoressa esperta di storia, ci svela che il casato dei Malatesta non era in realtà di origine nobiliare, ma la famiglia teneva a farlo credere, ecco le leggende che parlano di avi famosi come Noè e Scipione l’africano. La dinastia cesenate dei Malatesta infatti, ha come simbolo nei suoi stendardi, l’elefante.
L’origine del casato Malatesta risale al 1100, locato tra Verucchio e Pennabilli. Condottieri e briganti, la stirpe era formata da mercenari al soldo di chi più pagava per le loro scorribande. A causa della loro grande ferocia, poco dopo il 1100 ebbero un forte scontro con la città di Rimini. Questa, di mala voglia li fece entrare nelle mura della città, dando loro alcuni privilegi. Fu così che con il tempo i Malatesta si impossessarono di cariche religiose, politiche, civili arrivando dopo 100 anni, a diventarne gli effettivi Signori di Rimini.
Castello di Santarcangelo Malatesta
Dalla parte opposta alla sala privata c’è il salone Malatesta, dove si entra nella realtà della storia medioevale di questo castello. Difficile trovare luoghi così antichi ancora arredati perfettamente e questa stanza ne è l’eccezione, anche se si tratta di arredi di epoche diverse. Il luogo è infatti incredibilmente ricco di mobili e tappeti, come se fosse sempre stato abitato, come se fra le sue mura ardesse un focolare destinato a riscaldare una famiglia, da secoli. E’ una bella sensazione di casa, di convivialità nonostante sia un forte, quindi adibito alla guerra e solo nei secoli successivi, divenuto un’abitazione. Questa parte di Romagna è costellata di rocche e manieri, eppure qui il vigore di una vita realmente vissuta si sente maggiormente.
Ma torniamo alla storia che narra di un Sigismondo abilissimo condottiero, ma scarso uomo politico. Gli attriti con lo Stato Pontificio divennero tali che il Papa lo scomunicò così che il suo acerrimo nemico, Federico da Montefeltro, alleatosi con il pontefice, riuscì presto a sconfiggerlo. Nel 1462 Sigismondo perse tutti i possedimenti rimanendo con la sola città di Rimini. A causa di questo, la rocca andò per un periodo, in mano a Lorenzo il Magnifico e alla fine del 1400, subentrò Cesare Borgia che mise a ferro e fuoco la città. Era il 1505 quando il castello tornò nelle mani della Chiesa che lo diede in pigione, cioè in affitto, avvicendandosi così nei secoli diverse famiglie alla gestione delle terre e della fortezza.
Castello di Santarcangelo Malatesta
Arriviamo al 1800 e dopo un vuoto temporale durato un secolo, il maniero fu acquistato dai Conti Baldini, come ci fa notare la dottoressa, indica la targa sulla parete di fronte all’ingresso. Nel 1880 divenne proprietà della famiglia Massani che trasformò il castello e il suo circondario, in un grande centro agricolo: una vera fattoria con tanto di attrezzi agricoli e animali da cortile. Nel 1903 la rocca diventò proprietà dei Conti Rasponi Murat che la arredarono totalmente con mobili del 1600 provenienti dalla sacrestia della Chiesa di Ravenna. La contessa Eugenia Rasponi Murat figlia di Gioacchino Murat Re di Napoli, fondò al suo interno, nel 1911, una fabbrica di mobili.
Con 11 operai, la contessa sovrintendeva i lavori disegnando lei stessa gli arredi tanto che, nella grande sala Malatesta, c’è un bellissimo tavolo che decora il centro della stanza, di sua personale fattura. Non avendo figli, Eugenia alla sua morte, lasciò in eredità la fabbrica agli operai e il castello al cugino, il conte Spalletti. Fu così che arriviamo ai giorni nostri e precisamente al 1992, quando l’eredità successiva fu quella che vede la principessa Marina Colonna, attuale proprietaria. I mobili malatestiani non ci sono più, per la maggior parte bruciati durante la Seconda Guerra Mondiale, quando la rocca divenne sede del comando inglese e dei famigerati “tagliatori di teste”.
Castello di Santarcangelo Malatesta
Adiacente al salone Malatesta c’è la sala d’Estate, chiamata così perché freschissima ed accogliente, dalla quale si accede ad un luogo particolare chiamato sala del Coro. In questa stanza veniva amministrata la giustizia, se così si può chiamare. Davanti alla grande scrivania in legno massiccio c’è una botola a terra, ora sigillata. La dottoressa Valeria ci spiega che qui sopra venivano giustiziati gli imputati che una volta colpiti, cadevano nella botola in corrispondenza della quale si trova un pozzo a rasoio. Scesi da una stretta e ripida scala a chiocciola di pietra, accediamo infatti alla sala dei Convegni, posta esattamente sotto alla sala del Coro.
Tutt’ora in questo spazio si tengono convegni ed incontri. Il marito della proprietaria signora Colonna, il professor Paolo Amalfitano, è il presidente di un’associazione che organizza incontri proprio tra le mura di questa magnifica residenza. La rocca ospita anche esposizioni d’arte, cene a tema e di lavoro. All’interno in un’ala del castello, sono allestite delle stanze che si affacciano sulle colline circostanti, dove è possibile trascorrere un soggiorno indimenticabile. Nella Sala dei Convegni ci sono 5 pozzi a rasoio, al cui interno sono state trovate ossa e scheletri umani, suppellettili ed armi, è qui infatti che venivano gettati i corpi degli ospiti indesiderati.
Curiosità e misteri del maniero
Una delle tante curiosità di questo luogo è la leggenda che lo lega a Sigismondo e alla sua amante e successivamente sposa, Isotta degli Atti. La guida storica ci racconta che nel borgo vi è una graziosa dimora che con tutta probabilità è la vera casa di Sigismondo Malatesta. Una porticina verde nascosta nel vicolo, lascia accedere ad un piccolo giardinetto recintato da una mura su cui si arrampicano fiori coloratissimi. Si entra così all’interno di un vero gioiello incastonato nel borgo, nel quale viveva il Signore del castello e la sua amante Isotta. Proprio il giorno della nostra visita, la principessa Marina Colonna ha confidato alla guida che è stato trovato un passaggio nel muro dell’ingresso. Nessuno lo sa ma potrebbe condurre alla casa nel borgo, un passaggio segreto usato dal nobiluomo per arrivare dalla sua amata senza farsi vedere.
Castello di Santarcangelo Malatesta
Costeggiamo il perimetro delle altissime mura esterne, mentre la nostra guida esperta ci racconta come i proprietari scavando, trovarono delle monete con l’effige dei Malatesta. Pare che Sigismondo le gettasse durante la costruzione per una sorta di scaramanzia, rendendo così immortale la sua presenza. Della prima fortificazione, quella risalente al 1000 non vi è più traccia, ma ne sono state trovate le presunte fondamenta. E’ qui, nel maniero originario, che si dice abbia avuto luogo la tragedia di Paolo e Francesca, contesa con il castello di Gradara. Erano gli anni 80 del 1200 quando Francesca, figlia dei Polenta, signori di Ravenna, venne promessa a Gianciotto Malatesta, figlio di Mastin Vecchio da Verucchio.
La ragazza, bella e giovane, venne però ingannata. L’uomo che doveva sposare era molto più anziano di lei e decisamente poco attraente, così che per convincerla, le presentarono il fratello più piccolo, chiamato Paolo il Bello. Ovviamente lei se ne innamorò subito, ma per procura si maritò con Giangiotto, il reale promesso sposo. Ormai l’amore era però scoccato tra Paolo e Francesca, così che un giorno Giangiotto, tornato alla rocca prima del tempo, sorprende Francesca tra le braccia del giovane amante. Spinto dalla gelosia, Giangiotto uccise i ragazzi trafiggendoli con una lama.
Castello di Santarcangelo Malatesta
Santarcangelo, Gradara, Rimini e Pesaro si contendono la leggenda da secoli, ma è qui che nelle notti senza luna, tra le stradine del borgo, il fantasma della dama Bianca vaga indisturbato tra i vicoli. Dicono sia Francesca in abito bianco, tornata nel luogo dove è avvenuta la tragedia, alla ricerca della figlia. Questa infatti, dopo la morte della madre, distrutta dal dolore e finanziata dal nonno Mastin Vecchio, fondò il Convento delle Sepolte Vive situato nel borgo, dove terminò i suoi giorni. Passate le cucine del castello si accede al cortile esterno, dove oltre una delle torri dalla scarpa malatestiana, c’è un albero incredibilmente raro. Questa è un’incredibile curiosità svelata dalla guida, perchè nessuno sa come questa pianta sia finita nel giardino del maniero, essendo di origine americana.
Il suo nome è Gelso Maclura pomifera, o Moro degli Osagi, alto circa 15 metri, ha un tronco irregolare e tormentato, dalla corteccia disseminata di acutissime spine. La caratteristica più curiosa è il frutto, di forma sferica, grande dai 7 ai 15 centimetri di colore verde acceso. E’ pesante come un macigno, ha una consistenza dura e legnosa con una superfice rugosa, veniva usato dai nativi americani per costruire archi, per tingere i tessuti e curare le congiuntiviti grazie alla sua polpa lattiginosa. Usata anche per i rituali degli indiani Osagi, tribù nordamericana, la polpa veniva impiegava per tingere di giallo il viso. Una curiosità nella curiosità: negli stati del West America, il Gelso fu scelto da Roosevelt come principale pianta per costruire ampie siepi invalicabili.
Castello di Santarcangelo Malatesta
Terra di Romagna
Come dicevo all’inizio di questo articolo, Santarcangelo non è solo ricca di storia, ma ha anche una parte gioviale che si ascolta nelle parole dei suoi abitanti, dall’accento romagnolo calcato, sempre cordiali e di grande cuore. La si vede durante la sagra di paese “dei Becchi”, festeggiata nel giorno di San Martino. Gigantesche corna, per l’occasione, vengono appese sotto l’Arco in piazza Ganganelli e la tradizione vuole che oscillino al passaggio delle persone tradite. Attenzione dunque a passare sotto l’arco nelle giornate di vento! Quella parte giocosa e mai celata delle genti del riminese tutti la conoscono, almeno tutti quelli che hanno visto il film Amarcord di Fellini.
Ecco, quell’atmosfera ovattata, dalla luce dolce ed affettuosa delle scene di questa indimenticabile pellicola, si trova qui, tra le stradine della vecchia Santarcangelo. In quel pomeriggio di una domenica di maggio, calda ed afosa io l’ho vista con i miei occhi godendone il momento. L’aria bollente era attraversata da un vento intenso, che pareva contenere parole. Forse erano le voci delle genti medioevali, degli amanti malatestiani o chissà, risuonavano tra le fessure delle finestre aperte gli echi antichi di canti liturgici provenienti dal vecchio convento.
Castello di Santarcangelo Malatesta
Ma quella luce felliniana è ancora sotto il grande arco della piazza, negli slarghi vuoti ed assolati dove sembra sempre dover sbucare da un momento all’altro, una “baffona” con la sua bicicletta che porta a benedire gli animali in chiesa. Tra le case ogni tanto si sente un “vallà” o un “mò lassa stè” e subito torna alla mente la fotografia sbiadita di una cucina. Un piatto di tagliatelle, una famiglia di contadini riunita attorno al tavolo, il nostro occhio indiscreto che guarda la scena. Le mura di quella casa di periferia, dove Fellini ci ha portato è qui, a Santarcangelo, luogo di arte e storia, ma soprattutto denso di magia antica e contemporanea allo stesso tempo. L’atmosfera immortale rende questo luogo soave, di una bellezza toccante, eterna, dove il tempo non si è fermato, semplicemente non è mai trascorso.
Articolo di Lara Uguccioni
– La visita guidata è stata a cura della Pro Loco, gestita dalla dottoressa Valeria Boschetti. –
Visita il sito all’indirizzo: www.iatsantarcangelo.com
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Siamo un gruppo di Pesaro studiosi della storia di Paolo e Francesca, purtroppo ci sono un sacco di incongruenze nelle varie versioni, e ci piacerebbe venire in loco per provare insieme districare la matassa.
Anche perchè Stefania ognuno racconta la sua storia tramandata da secoli oralmente. Io sono stata solo una semplice spettatrice, ma se contatti la Pro Loco di Santarcangelo sono sicura che avrà piacere di parlarne. Da quel poco che ho visto sono persone molto disponibili.
Ho visitato Santarcangelo da ragazzina ed imiei ricordi sono molto offuscati, ma leggendo il tuo articolo mi hai fatto davvero voglia di tornarci. Sono un’appassionata di storie, leggende ed intrighi, quindi ho particolarmente apprezzato la storia della dama Bianca e del passaggio segreto all’interno del borgo. Grazie! 🙂
Daniela con me sfondi una porta aperta, le storie misteriose sono il mio pane!!
Ciao Lara, la storia che hai raccontato su questo castello è molto interessante. Non sono mai stata a Santarcangelo, ma mi piacciono un sacco i castelli, soprattutto se sono così ben tenuti e con tutti gli arredi originali.
Ciao Elena, questo castello non solo è ben tenuto, è di proprietà privata quindi tutto dentro è originale e vissuto dalla famiglia che lo possiede. Trovo stupenda questa cosa, qui in Italia non sono molti i castelli privati e la trovo una cosa fantastica, perchè chi li possiede ci tiene davvero.
Sono stata a Santarcangelo di Romagna nel 2020 prima dell’emergenza Covid che, purtroppo, era nell’aria e per questo motivo ho trovato il Castello chiuso. Un vero peccato!
Devo proprio tornarci perché vale proprio la pena!
Sì Eliana, se capiti da queste parti magari in primavera, è veramente un posto interessante, vale sicuramente la pena visitarlo
La storia dei Malatesta è veramente interessante, ho notato che ne hai parlato in diversi articoli, mi hai messo tanta curiosità perchè tutti i castelli sembrano essere collegati tra loro. Molto affascinante Lara!
Abbiamo visitato Sant’Arcangelo una sera d’estate e ci è piaciuto tantissimo. Purtroppo non ho visto il castello all’interno, e leggendo il tuo post, mi sa che dovrò tornare perché merita una visita!
Anch’io sono stato al castello di Santarcangelo, è una vera perla romagnola ed è bello da visitare, ha tanti mobili ed è vero, da la sensazione di essere sempre stato abitato.
Ciao Lara, volevo farti i complimenti per i tuoi racconti, sono sempre stupendi. Parla ancora dei castelli, è molto interessante l’argomento.
Un abbraccio,
Joe e Sara