Vi presento John Muir l’uomo che salvò le montagne
Grande viaggiatore, appassionato di botanica, scrittore, ingegnere e soprattutto naturalista, John Muir, scozzese di nascita, è stato l’uomo che più influenzò con i suoi scritti e la sua filosofia, la scienza ambientale moderna. Nato in Scozia, emigrò negli Stati Uniti nel 1849 dove frequentò l’Università nello Stato del Wisconsin. Il suo amore per la natura selvaggia lo portò ad intraprendere un lungo viaggio di oltre 1600 km. partendo dall’Indiana, toccando prima la Florida, successivamente il Golfo del Messico, poi ancora la California. Arrivato nel 1868 a San Francisco, volle inoltrarsi verso le montagne di cui aveva tanto letto e sentito parlare. Ecco come iniziò la storia dello Yosemite NP, come la curiosità e la voglia di esplorare terre sconosciute, spinse questo temerario uomo verso la Sierra Nevada.
John Muir l’uomo che salvò le montagne
Senza un soldo in tasca, inizialmente Muir si fece impiegare sulle montagne come aiuto pastore. Trovò così il modo per raggiungere quello che realmente desiderava: vagabondare nella wilderness alla ricerca della “bellezza”.
Grande esploratore, il suo continuo viaggiare era dettato da un forte desiderio di vedere e comprendere il pianeta. Qui, sulla Sierra Nevada, fu folgorato dalla bellezza che gli si parò davanti: era la valle dello Yosemite. Durante quel viaggio scrisse un diario pubblicato solo 40 anni dopo, con il titolo La mia prima estate sulla Sierra, uno dei testi naturalistici più letti del continente americano.
Consiglio questo libro a chiunque si senta stretto nel suo vivere quotidiano. Le parole di Muir infondono pace e allo stesso tempo, regalano una visione del mondo meravigliosamente diversa da quella che ha cercato di inculcarci qualche piccola mente, durante le lezioni di geografia (scusate lo sfogo!). Inoltre Muir, parlando della “bellezza di Dio” non fa mai riferimento alla religione. Sarà stato religioso, non lo so, ma il dio di cui parla è il dio della natura, non il dio dell’uomo e questa sua visione fa di lui uno dei miei personaggi preferiti della storia.
John Muir Yosemite National Park Into the wild
“Io non ho mai visto un albero scontento. Essi si aggrappano al terreno come se gli piacesse, e sebbene ben radicati, viaggiano tanto lontano quanto noi. Vanno vagando in tutte le direzioni con ogni vento, andando e venendo come noi stessi, viaggiando con noi attorno al sole per due milioni di miglia al giorno, e attraverso lo spazio, il cielo solo sa quanto velocemente e lontano!”
“Mai mi sono trovato dinanzi a tanto impotente spettacolo, a tanta illimitata profusione di sublime bellezza montana. A chi non abbia almeno una volta ammirato un simile panorama con i propri occhi nessuna descrizione, per quanto elaborata, potrà comunicare neppure un’idea della grandiosità e spiritualità che da questa veduta emana. In un empito di irrefrenabile entusiasmo urlo e gesticolo, con grande meraviglia del San Bernardo Carlo…”
John Muir l’uomo che salvò le montagne
Addentrandosi in queste foreste, vide l’incanto della natura, dei paesaggi, la grandezza delle sequoie e si accorse che lo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali stava uccidendo quello spettacolo immenso. Muir volle proteggere quei grandi spazi affinchè tutti ne potessero godere, soprattutto le generazioni future. Fu così che intraprese una battaglia ambientalista lunga decenni fino a quando, nel 1890, vinse la sua lotta e lo Yosemite divenne uno dei primi parchi nazionali americani.
Qui l’articolo che parla dello Yosemite National Park
Leggendo parti del suo libro, la cosa interessante che ho notato, è come questo pionieristico filosofo ambientale, vivendo lungo tempo in simbiosi con la natura, ne impara il linguaggio rendendosi conto del suo delicato equilibrio. Incantato dallo scenario, in lui esplodono sentimenti come la gratitudine e lo stupore. Entra in simbiosi con la natura selvaggia avvertendo un legame tra tutti i suoi elementi e l’uomo. Per rimanere nello Yosemite fece il pastore e si costruì una capanna come abitazione. E’ così che incomincia il suo viaggio sensoriale, scoprendo un legame spirituale con ciò che lo circonda. La credenza della connessione tra tutte le cose la troviamo in molte religioni (basta pensare al Laudato Sì di San Francesco). Tutto è connesso, come dicono gli indiani d’America nella preghiera Mitakuye Oyasin che mi ha accompagnato in questo meraviglioso viaggio:
John Muir l’uomo che salvò le montagne
Gli Indiani d’America hanno sempre avuto un rapporto speciale con la natura. Questa forza generatrice e tutte le creature sono fratelli di sangue perchè figli di Wakan Tanka, come lo chiamano i Lakota, il Grande Spirito. Secondo i nativi, solo nella relazione con la natura, l’uomo ritrova se stesso e la mancanza di rispetto per l’ambiente, porta alla mancanza di rispetto per gli uomini.
Nel mio viaggio nel West degli Stati Uniti, sono state tante le volte in cui ho sentito sulla pelle la sensazione di questa esatta connessione. La guida che me ne ha parlato, l’ha descritta chiaramente e nei territori indiani, se stai attento, è facile sentirne parlare ancora oggi. Non è un concetto puramente antico, ma estremamente attuale. Ritrovare nelle parole di Muir lo stesso legame avvertito dalle civiltà antiche che hanno vissuto nella natura incontaminata, mi fa pensare che la loro sia l’unica spiegazione valida che lega indissolubilmente l’uomo alla Madre Terra.
Wilderness
Per Muir uscire all’aperto era come entrare dentro ad un mondo naturale, quello che lo legava totalmente e indissolubilmente alla Natura. Nel corso della sua vita, John Muir scrisse libri, diari, articoli che lo resero famoso e che contribuirono a diffondere il concetto di wilderness, di natura genuinamente selvaggia, ancora non disturbata dalla presenza dell’uomo. I lettori si appassionarono alle sue storie e, alla fine del 1800, iniziarono a sviluppare le prime idee di ecologismo. Ne scrive così Franco Zunino, fondatore dell’Associazione Italiana per la Wilderness:
“Certe aree naturali vanno salvate solo perché hanno diritto di continuare a perdurare nel tempo così come sono giunte a noi, modificate solo dalla lenta evoluzione delle forze della natura o da quelle primitive dell’uomo, e quindi non perché siano ‘usate’ dall’uomo di oggi come centri di produzione economica o di sfogo ricreativo, cioè in senso materiale stretto. Esse devono esistere invece per loro stesse; la natura va salvata in queste aree più selvagge solo per la fauna e per la flora, che vi si devono sviluppare in completa armonia.”
John Muir l’uomo che salvò le montagne
La figura di John Muir, uomo, viaggiatore ed idealista, mi ricorda tanto la storia di un altro ragazzo scozzese, Alexander Supertramp (vero nome Chris J. McCandless), che lascia Atlanta per intraprendere un viaggio in solitaria che lo porterà fino in Alaska. La sua storia viene raccontata in un libro “Nelle terre estreme” di Jon Krakauer, quasi considerato una guida spirituale per gli esploratori romantico-avventurosi incantati dalla natura selvaggia. Qui si ricollega infatti, il concetto valido per Muir, di wilderness. La voglia di scoprire la natura nel suo stato originario, non contaminata dall’essere umano e di conseguenza, la necessità di viverla appieno senza mezze misure, esattamente come dice il poeta rivoluzionario Walt Whitman parlando della vita. Qui vi riporto uno dei miei passi preferiti, che mi emozionano ogni volta che leggo:
John Muir l’uomo che salvò le montagne
Altra particolarità che lega i due personaggi, vissuti in epoche così lontane, è la parola inglese tramp che letteralmente significa vagabondo, ma che è una “…parola cara alla tradizione americana: evoca grandi spazi e uomini che li percorrono a piedi – una tradizione, letteraria e non, che dai primi pionieri arriva fino ai poeti beat di questo secolo”. Chris cambia il suo nome e si fa chiamare Supertramp, mentre Muir ne è il modello originale. Nel film straordinario di Sean Penn ” Into the wild“, come Muir, anche Alex/Chris annota ogni pensiero e riflessione sul suo diario, fa fotografie e incide il cuoio con disegni raffiguranti la sua storia. E’ un ragazzo coraggioso, un esploratore solitario che però, solo alla fine della sua vita, capisce la cosa fondamentale dell’esistenza dell’essere umano, cioè:
“La Felicità è vera soltanto se condivisa.”
A. Supertramp – Frase annotata da Chris sul libro che portava con lui “Il dottor Zivago”
Articolo di Lara Uguccioni
John Muir Yosemite National Park Into the wild
John Muir è un personaggio chiave delle Scienze Naturali, soprattutto se parliamo di protezione di habitat: un vero precursore e un pioniere sotto questo punto di vista a cui tutti noi dobbiamo tantissimo.
Non mi stupisce che tu sappia chi è questo strano signore con la barba e il sorriso genuino, che tanto ha fatto per luoghi che ad oggi sono tutelati e curati grazie a lui e alle sue battaglie. Sono felice che qualcuno oltre me lo conosca al di fuori dell’America, dove il suo nome è famoso e molto considerato. Credo si dovrebbe studiare anche nelle nostre scuole, parlare di natura non basta mai.
E’ particolarmente interessante la vita e il progetto di Muir, ma purtroppo è una figura storica che nella nostra Italia è poco conosciuta. Ho avuto il piacere di sentirne parlare in USA ad una conferenza e ne sono rimasto affascinato. Brava Lara che ne hai parlato, è importante far conoscere personaggi di questo calibro che hanno contribuito al movimento ecologico moderno.